mercoledì 24 giugno 2009

Ci pensavo stamattina al lavoro. Lo stato d'animo degli ultimi tempi, me ne ricorda uno analogo che mi afflisse in quinta liceo. A un certo punto dell'anno scolastico, avevo smesso quasi del tutto di studiare. Ma anche di ascoltare le lezioni. Non ero diventata una somara. Semplicemente, stavo male. E avevo perso la capacità di concentrarmi. Vittima di una tristezza profonda, alla quale neppure io sapevo dare spiegazione, cercavo in tutti i modi di reagire. Ma sentivo che quella "cosa" prescindeva dalla mia forza di volontà. Pertanto, era impossibile trovare le risorse per contrastarla. Non disponevo di appigli di sorta. Con conseguente senso di impotenza e di stupidità. Il culmine del dramma, si ebbe ad una verifica di storia. Interrogata sulla guerra di Crimea (ancora oggi non ho colmato la lacuna e la guerra di Crimea rimane per me un mistero), feci scena muta. Non aprii bocca. Portai a casa il mio primo (ed ultimo) quattro. L'evento mi precipitò ancor più nell'angoscia. Non per il votaccio, come si potebbe immaginare. Ma per la consapevolezza di aver deluso l'insegnante che più di chiunque altro veneravo e alla cui stima tenevo più di ogni altra cosa. Turbata, sentii di dover recuperare in qualche modo e pochi giorni dopo mi offersi volontaria all'interrogazione di filosofia. Niente da fare. Nonostante l'impegno e la buona volontà, il cervello non reagiva più con prontezza, non rispondeva, era un cervello stanco. Troppo stanco. Al suonare della campanella, sull'orlo del pianto, raggiunsi il professore alla cattedra prima che se andasse e, con la voce già incrinata, vulnerabile gli chiesi "Professore...Cosa posso fare?". Mi guardò con un'indulgenza che nessuno si sarebbe aspettato da un insegnante vecchio stampo come lui, "antico", spesso severo, tutto d'un pezzo, e in quegli occhi azzurri, profondi, intelligenti scorsi un moto di illuminata tenerezza: "Niente" - rispose - "Riposati...e stai tranquilla".
Ecco, oggi vorrei tanto rivedere quello sguardo, risentire quella voce...e quelle stesse identiche parole.

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