domenica 14 febbraio 2010

Mi ami?
Sì.

Davvero?
Sì.
Davvero, davvero?
Sì.
Davvero, davvero, davvero?
Non lo so.

Peanuts - Charles M. Schulz.

martedì 19 gennaio 2010

s.o.s.

buttatemi via il pc e le sigarette.
mi sono convinta che siano la mia rovina.

lunedì 18 gennaio 2010

L'incontro fortuito con una persona, mi ha portato a rievocare un tenerissimo ricordo dell'infanzia. Nell'uomo che era davanti a me in mesticheria, grazie ad alcuni "indizi", ho riconosciuto il compagno dell'asilo dal quale ricevetti la prima proposta di matrimonio in assoluto. Non mi sorprende che per lui la mia figura non sia stata fonte di simili reminescenze.
La mia memoria emotiva ha del patologico. Difficilmente è condivisa.
Peraltro, le mie frequentazioni dell'asilo si ridussero all'arco di una decina di giorni in tutto.
Lo so perché mi fu spiegato negli anni successivi. Nella mia mente di bambina, però, quei giorni furono infiniti. Nell'infanzia, la percezione del tempo è dilatata.
Oltre a M., il "bambino" della mesticheria, di quei giorni mi rimane un senso di terrore. Quello che mi suscitavano le suore.
Altro che "Magdalene"!
Davanti agli occhi, ho ancora la bimba con i ricci che si rifiutava di mangiare il riso in bianco. E la monacaccia arcigna che, con la forza, si ostinava a rifilarle forchettate di riso dritto in gola, incurante dei pianti, dei quasi strozzamenti, dei conàti e della strage di candidi chicchi che, dalla bocca, si irradiava tutto intorno.
Queste, comunque, sono divagazioni inutili.
M. diede un senso a quei giorni. Fu il primo bimbo che notai, appena arrivata. Mi colpì vederlo giocare da solo. Sembra strano che a quattro anni già possa risultare tanto chiara la profonda crudeltà, e l' ingiustizia, dell'emarginazione. Voglio dire, nessuno te lo insegna, a quell'età. Nessuno mi aveva certo spiegato "Non discriminare! I bimbi sono tutti uguali". Così come nessuno, suppongo, aveva imposto agli altri miei compagni dell'asilo "Non giocare con quel bambino! Non vedi che è diverso?".
(Da qui ha origine la mia arbitraria convinzione che i fattori ambientali, in confronto al DNA, contino poco o niente).
La diversità di M., consisteva in un difetto fisico. La palatoschisi, volgarmente conosciuta come labbro leporino. Oltre a notarsi esternamente nella fisionomia del viso, si ripercuoteva in uno strano modo di parlare. Ciò era più che sufficiente a giustificare i suoi giochi solitari.
Chiaramente, divenne da subito il mio miglior amico.
Che fosse un'alleanza tra diversi?
La mia "diversità" non era originata da handicap o difetti fisici e mentali. Era frutto di una mia personale percezione. I bambini, notoriamente, sono spensierati. Quella spensieratezza, da quando ho cominciato a relazionarmi agli altri, non mi è mai appartenuta veramente. Insomma, io mi sentivo un mondo a parte.
Il giorno in cui M. mi chiese di sposarlo, mi trovai davanti ad un dilemma. Per ricordarlo così bene ancora oggi, vuol dire che presi la cosa seriamente. E seriamente analizzai la situazione. Résami conto che per lui provavo solo affetto, non mi parve proprio il caso di accettare. Non si alimentano così le illusioni delle persone buone, per poi rischiare di ferirle. Non si fanno promesse che già sappiamo di non poter mantenere. Però, e questo per me era straziante, se rispondevo negativamente, lui avrebbe indagato sulla motivazione della mia scelta. Come potevo, a quel punto, essere schietta e spiegargli "Perché non mi piaci abbastanza"? Lo avrei mortificato. Avrebbe sperimentato tutta la sofferenza del rifiuto . Quindi, cercai una mediazione. Pensai che la migliore soluzione risiedesse in una risposta spiritosa, tra il serio e il faceto. Approfittando del suo esibizionismo un pò clownesco, del suo volersi mettere in mostra a tutti i costi pur di risultare simpatico ai miei occhi e farmi divertire, puntai sulla sua presunta "inaffidabilità" e con un tono che era un ibrido tra lo scherzo e un bonario rimprovero, mi giustificai così :

"Ma non lo vedi che sei un pagliaccio?!"

Le sue risate mi confermarono che avevo dato la risposta giusta...E me ne sentii molto sollevata e fiera.

Comunque, stamattina, lo guardavo e tentavo di farmi coraggio "Ora è il momento di osare! Stavolta ce la fai a presentarti! Adesso glielo dici... che oggi saresti potuta essere sua moglie!".

Naturalmente, la timidezza mi ha fregato anche stavolta. E non gli ho detto niente.

domenica 10 gennaio 2010

...e ci mancava solo albano in tv alle prese con nostalgia canaglia ed altre perle del suo prestigioso repertorio mi consola però il pensiero che almeno stasera essendo domenica mio fratello non litigherà con carlo conti e i suoi concorrenti ottusi snocciolando il consueto rosario di bestemmie e minacciando di far schizzare via gli occhiali all'odiato conduttore sferrandogli un pugno in faccia...

piove

Dott.
è un sacco di tempo che non ci vediamo. Forse penserai che tutto mi vada a gonfie vele.
Mi mancano molto, invece, le nostre lunghe chiacchierate.
Anche se sulla loro fattiva utilità, non ho mai smesso di nutrire dubbi. Sì, certo. Mi servivano da sfogo. Mi aiutavano ad inquadrarmi meglio. A mettermi a fuoco. Risultavano rassicuranti. Di incontri ne abbiamo avuti tanti. Se fossi stata affetta da qualche patologia seria, te ne se saresti accorta. Invece, trattasi di "temperamento". Quel che più mi manca, forse, è il tuo approccio solare e positivo, il tuo sorriso così sdrammatizzante. Ma in tempi di miseria, qualcosa bisogna pur sacrificare. E tu fai parte dei miei "tagli". Spesso ti facevo ridere di gusto, con le mie buffe sortite, quelle che mi vengono così, senza che possa controllarle. Non importa se sono in compagnia di un'amica, di un premio nobel, di un datore di lavoro o di un luminare della scienza. Io, comunque io. Sempre la stessa. Ho capito bene, grazie ai tuoi insegnamenti, come svolgere gli esercizi dell'ABC, così come a riconoscere gli errori di pensiero.
Ma non mi sto allenando. A volte, quando parlavamo, il nostro sembrava quasi un rapporto paritario. Già al nostro primo incontro, il feeling fu immediato. Mi esprimevo con la tua stessa terminologia, non mi sfuggiva neanche il minimo dettaglio attinente alla mia psiche. Sembravo una veterana, osservasti, reduce da anni di psicanalisi o di psicoterapia. In un certo senso, ciò rispondeva al vero. Ma Freud non c'entra niente. Ha ragione Rino Gaetano, anche chi non ha letto Freud può vivere cent'anni. Le mie erano analisi da autodidatta. Da studiosa di me stessa. Iniziate in età infantile e mai abbandonate. Per questo, credo, ti sono subito sembrata tanto ricettiva. La mia storia di vita emotiva in terza persona, ti piacque molto. Ogni tanto torno a leggerla. Continuo a sorprendermi di come abbia citato l'episodio di quando a quattro anni mi persi sulla spiaggia, e non abbia fatto riferimento alcuno al mio fallito matrimonio. Ma forse no. Non mi sorpendo più di tanto. Comunque, dicevo. Non faccio più esercizi. Ho capito bene come sono fatta. Ma questo, a quanto pare, non mi è sufficiente a mutare atteggiamento. Ogni giorno mi riprometto di concentrarmi sul concreto. Di affrontare un problema alla volta. Di essere realista. E poi mi trovo a rimuginare per giornate intere sul medesimo dettaglio, e rimando a domani le questioni pratiche e importanti. Continuo a divagare. Alimento sogni e speranze e fantasticherie come ho sempre fatto. E, un momento dopo, mi ritrovo a ridimensionarli. Talvolta a demolirli. Ma se me ne sbarazzo, ho come l'impressione che di me rimanga poco o niente. E sento il vuoto che mi inghiotte. Allora tento di recuperarli almeno in parte. Giusto quel poco che basta per andare avanti. La notte, le volte in cui fatico a prender sonno, si materializzano i pensieri più angoscianti. Il primo è quello del tempo che scorre inesorabile, che mi sfugge dalle mani. Non c'è più tempo (ma tempo per cosa?) Penso all'idea che da bambina avevo di ciò che sarebbe stata la mia vita alla mia età attuale. Ed è impossibile non considerare fino a che punto il mio presente sia l'antitesi di ciò che avevo immaginato. Di come le cose, in parte per destino (o dovrei chiamarlo caso?), in gran parte per mia scelta, abbiano imboccato la direzione opposta. Ogni tanto mi soffermo ad osservare le vite ordinate delle mie ex compagne di scuola. Diciamo almeno della maggior parte. Ma avverto sensazioni contrastanti. Ora nutro una sana invidia per quella tranquillità. Adesso, invece, mi chiedo se sia tranquillità vera o apparente. A tratti, addirittura, mi suscita tristezza. Non so. In alcuni casi ho quasi l'impressione che la tranquillità sia propria di chi si accontenta. Di chi scende più o meno a compromessi. Penso a quelle che al liceo erano già fidanzate. Dopo il liceo: l'università, la laurea, il matrimonio con il fidanzato storico, un lavoro da insegnante, i figli. Metodiche, lineari, così normali. Magari avrei dovuto anch'io seguire quello schema. Perché quelle, mi dico, sembrano vite vere e proprie. Organiche, diciamo. Hanno una forma. La mia esistenza, una sequela di attimi e frammenti. Del resto, io sono quella che anela alla pioggia d'estate e al sole in inverno. Guardo fuori dalla finestra. Non sarò mai una massaia coscienziosa. I panni stesi l'altro ieri, ho dimenticato di riporli al cadere delle prime gocce. Una volta constatato che ormai era tardi, li ho lasciati lì dov'erano. Alla pioggia, però, si è unito il vento. Uno dei bastoni che sorreggevano i fili è crollato. E con lui, lenzuola ed indumenti. Abbandonati, scomposti. Ingarbugliati a terra. Zuppi d'acqua. Stamani, credo, mi sento così anch'io.
Poi penso a ieri sera. Alla minuscola casina della Sandra. Ai tre bicchieri già disposti sulla tavola al mio arrivo, insieme alla bottiglia di prosecco, ai biscotti e ai salatini. Momenti. In fondo è stata la mia scelta. In fondo, dico, mi basta così poco. O forse è sempre troppo. Perché non basta la mia semplicità a semplificare. Anzi, è tanto semplice da non essere compresa. E quindi si camuffa suo malgrado, ergendosi a complessità (apparente) nello sforzo sovrumano di capire l'altrui complessità e la complessità del mondo esterno. Allora diventa complicata veramente. Sempre più spesso, sembro utopista perfino nel proiettare aspettative nei momenti.
Prendo in mano il cellulare e rileggo il messaggio della Sandra. Sorrido. E' quello che mi è arrivato ieri sera, prima di andare a letto. Spontaneo, inaspettato. Per questo ha più valore.

Grazie della bella serata. Siete due amiche speciali. Nel mio buio, con voi intravedo la luce.

venerdì 8 gennaio 2010

le rimembranze

Mia madre non parla quasi mai.
Mi correggo.
Volevo dire "non si apre"
Parlare, parla
Come ET l'extraterrestre
(conseguenza di uno dei suoi ictus)
e alle volte eccede anche

A causa del suo idioma surreale
ha perso tutte le amicizie
(tranne la Tina)
Nessuno viene a farle visita
nè le telefona
perchè
"non la capiscono"
e, a quanto dicono,
non la vogliono mortificare
(eccessi di "sensibilità")

In realtà, è una questione di mero allenamento
Se l'ascolti con costanza, e con pazienza, la comprendi
Se non altro, cogli il succo dei discorsi

Comunque, dicevo
parla tanto
ma di fatti quotidiani
della casa
delle fiction
della spesa
di bollette

Ciò che non esprime,
sono i pensieri intimi e profondi..
quelli angosciosi e tristi

A volte ha gli occhi lucidi
ma se le chiedi "cosa c'è? "
ostinata, lei ti risponde sempre"niente".

Non so com'è che oggi, invece
dopo un'iniziale esternazione di stanchezza
"Sarebbe meglio che morissi...Ma non ci ho il vestito. Quelli belli li ho regalati tutti".
(inconsapevolmente ironica anche nei momenti tetri)
è passata a contare silenziosamente con le dita
come una bimba delle elementari
che si concentra diligente nel fare le addizioni

Questa è un'attività segreta in cui spesso la sorprendo intenta
e non mi vuol mai dire cosa conta.

Ma quel che contava oggi, me l'ha confidato

Dopo 18 anni mi ha tradita
ha detto
e parlava di mio padre

Com'ero ingenua,
io mi fidavo tanto
Se almeno lo avessi preso a schiaffi

ero una tonta

di fronte al mio stupore
nel sentirle rivangare traumi tanto remoti
ha confessato

"ci penso tutti i giorni"

sarebbe troppo lungo l'elenco
di ferite, pene, aneddoti, rimpianti, parole, sfumature
che ha preso a rievocare

Ma il finale mi ha tramutato il pianto in riso
quando
ricordando il giorno in cui mi ha portorito
ancora una volta riferendosi a mio padre
ha menzionato un fatto, a me finora ignoto, che a quanto pare
non ha mai digerito
Il dono con cui lui la omaggiò
andandola a trovare

Ad una puepera di norma si regalan fiori
Come ha potuto presentarsi con un posacenere
(a lei , poi ,che non ha mai fumato)
in ospedale?

giovedì 7 gennaio 2010

Lola Montez

Lola Bella

Lola Un Pò Meno Bella

Dopo aver letto delle vicende di Lola Montez (fu lei ad ispirare il modo di dire "Quello che Lola vuole, Lola ottiene") nel libro "Storia delle Altre - Concubine, amanti, mantenute, amiche" (non si tratta di un romanzo rosa), la curiosità di constatare la veridicità delle asserzioni entusiastiche sulla sua leggendaria bellezza è stata troppo forte. (Menomale che Google esiste)
Vi propongo due ritratti della celebre mangiauomini o, meglio, manipolatrice di uomini, che si spacciava per spagnola, quando in realtà era irlandese di nascita (che faccia tosta). Lascio a voi il giudizio estetico. Io sono titubante. Talora mi sembra affascinante, talaltra decisamente bruttina.
Fatto sta che, bella o meno bella, qualche dote non comune doveva pur averla, se riuscì a menare per il naso perfino Ludwig I di Baviera. Uomo tutto d'un pezzo, scaltro, ferreo e scrupoloso nell'amministrazione delle finanze e degli affari di stato, che, dinanzi a lei, diventò un agnellino, bevendosi senza batter ciglio, una dopo l'altra, tutte le panzane che lei aveva deciso di fargli bere. La vita di Lola Montez fu a dir poco avventurosa. Degna di un romanzo.
Si chiamava Eliza Rosanna Gilbert, era nata, come già detto, in Irlanda, nel 1821 ma, giovanissima, si trasferì in Spagna dove, dopo aver studiato danza, iniziò una carriera come ballerina e si reinventò da capo a piedi. In realtà, non si limitò alla Spagna. Viaggiò in lungo e in largo per l'Europa. Entrò nel circolo di George Sand, grazie all'"amicizia" con Franz Liszt. Quando tornò in Inghilterra, era ormai Maria Dolores de Porris y Montez, detta Lola, danzatrice spagnola, figlia di un nobile decaduto (anche la storia delle nobili discendenze era ovviamente una panzana). Le recensioni dell'epoca esprimono un certo scetticismo sulla sua reale abilità nell'arte di Tersicore. Sembra che Lola, più che danzare, si prodigasse in sinuose movenze sensuali atte a sedurre. Alla sua attività di danzatrice, a dire il vero, ne affiancò una parallela, e ben più intensa, di cortigiana. Gli amanti illustri non si contano, così come i mariti. Dilapidava il patrimonio di un uomo e poi passava ad una nuova, e più allettante, conquista. Ma il colpo grosso di Lola fu la conquista del cuore di Ludwig di Baviera, un re, ma anche un uomo in piena crisi di mezza età. Che infatti per lei letteralmente rincitrullì (=rincoglionì). Evito di entrare nel dettaglio delle articolate vicende dei due (non posso però omettere che il re ebbe il privilegio di godere delle grazie dell'amata solo due volte; a quanto pare, però, in compenso, lei gli concedeva sovente di baciarla sulla bocca con le labbra un pò dischiuse). Come da copione, Lola ottenne dal potente amante appannaggi da capogiro. Rimediò naturalmente anche un titolo nobiliare, quello di Contessa di Landsfeldt, a seguito del quale alzò ulteriormente la cresta e pretese ancor di più. Fino a farsi detestare dall'intera Baviera, che sopportava sempre meno la sua crescente influenza sul re. Il "povero" Ludwig si accorse di essere stato preso in giro solo quando ormai lei risiedeva in Svizzera con il nuovo amante, dove si era trasferita proprio per mettersi in salvo dalla furia del popolo che la odiava. Ignaro della nuova situazione sentimentale dell'amata, il re continuava a scriverle appassionate lettere d'amore e ad elargire denaro, mantendendo, inconsapevolmente, oltre a lei, anche l'amante. Finché non saltò fuori uno degli ex mariti le cui scottanti rivelazioni non poterono essere smentite nè confutate, e Ludwig si arrese all'evidenza di essere stato ingannato. Come se non bastasse, da lei venne anche ricattato, allorché, per estorcergli un'ultima tranche di denaro, lo minacciò di rendere pubbliche le lettere d'amore che lo avrebbero coperto di ridicolo.
Sul momento, leggere di questa donna con tanto "pelo sullo stomaco", mi ha suscitato un senso di riprovazione. Poi ho gradualmente cambiato atteggiamento, fin quasi a trovarla simpatica.
In linea di massima, chissà quanti di quei polli che ha spennato, erano stati fino a quel momento cinici uomini di affari senza scrupoli e aridi di cuore. Se poi anche gli uomini più intelligenti e "furbi", a un certo punto della loro vita, diventano tanto stupidi dinanzi alle lusinghe di una donna giovane e attraente che gli fà due moine (mi verrebbe da sconfinare nel boccacesco con il celebre "tira più un pelo...ecc. ecc.") peggio per loro...no? Raggiunta la maturità, inoltre, Lola smise di cercare la fama e la ricchezza e si "riscattò" . Si convertì alla religiosità e alle opere di bene. Si adattò a vivere con modestia ed ebbe slanci di generosità e filantropia che ne hanno "nobilitato" l'esistenza.
Scrisse anche un libro di memorie, di cui riporto una frase che mi ha colpito per la modernità di pensiero:

"Il genio non ha sesso!...I grandi uomini ne sono usciti abbastanza bene perché, suppongo io, la gente per principio non si aspetta di trovare tanta o poca moralità nella vita di un grand'uomo. Ma una donna...ah! Una donna deve essere una santa...Cioè, insomma, dovrebbe. E in questo modo si lascia agli uomini il monopolio del peccato, di tutti i peccati del mondo".